Ci sono limiti all'allattamento al seno? - Modelli Culturali

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Modelli culturali

Questo è l’aspetto che più degli altri ci aiuta capire che cosa sia effettivamente il limite di fondo, che comprende tutti gli altri, anzi, che è la fonte di tutti gli altri limiti: il limite vero è nella nostra società, nella cultura del biberon e della separazione.

Spesso si sente dire che bastano tre/sei/otto mesi di allattamento, senza precisazioni ulteriori; o che il bambino "è grande abbastanza": grande per che cosa? Per non aver più bisogno del latte materno dal punto vista nutrizionale? Immunologico? Per non aver più bisogno del contatto stretto e frequente?

Alcuni articoli pubblicati anche su Da Mamma a Mamma sono stati dedicati a questo argomento, e da questi risulta abbondantemente chiaro che l'allattamento protratto ben oltre l'anno non solo è la cosa migliore dal punto di vista della salute fisica ed emotiva del bambino, ma che ha solide basi evoluzionistiche.

E' anche evidente che la donna che allatta ne trae benefici notevoli; insomma, l'allattamento è una cosa giusta e naturale. Ma non è sempre facile; ci sono molti ostacoli anche nella conduzione quotidiana dell'allattamento.

La cultura del biberon e del distacco

Che cosa significa per un bambino che nasce al giorno d'oggi? In termini pratici, significa che, quando nasce, non viene automaticamente attaccato al seno, lo si tiene nella nursery dell’ ospedale dove in genere, all’insaputa della madre, riceve biberon integrativi (che spesso confondono il suo istinto di suzione), e viene portato dalla mamma a orari, che non hanno niente a che vedere con i suoi ritmi di fame.

Fin dalla nascita il bambino viene confrontato con altri allattati al biberon. Gli orari, le tabelle, le quantità prestabilite per il bambino medio allattato artificialmente vengono imposte anche al bambino allattato al seno. Il bambino diventa "proprietà" dell'ospedale e delle puericultrici, la mamma invece è sostituibile, sicuramente non indispensabile.

Il risultato sul piano psicologico, sia per il neonato sia per la madre, è facilmente immaginabile. Perché succede tutto questo? Come tutti i problemi che incontriamo per quanto riguarda l'allattamento materno, succede perché per molti versi, e spesso inconsciamente, la norma è diventata quella dell'allattamento al biberon.

Quando "la cosa normale" è allattare al biberon, che cosa succede alla donna che allatta al seno? Si trova a misurarsi con dei criteri che si riferiscono a una situazione che non è comparabile con la sua. Questi criteri non sono espliciti, ma sottintesi e dati per scontati; i confronti fra l'allattamento al seno e l'allattamento artificiale sono costanti ma poco evidenti alla maggior parte delle mamme. Si aspettano di allattare con gli stessi orari e per la stessa durata dei bambini allattati artificialmente. Si trovano a fare la doppia pesata, perché il volume del latte che il bambino ingerisce è ritenuto di primaria importanza. Non avendo nessuna idea sul meccanismo della domanda e dell’offerta, rimangono sempre con il dubbio che il latte sia insufficiente.

Confrontano il seno con il biberon, il che tradotto in pratica significa che pensano che il seno debba avere tempo per riempirsi, quindi che debbano aspettare un certo numero di ore, e che alla fine della poppata sia vuoto come un biberon vuoto; che il latte sia sempre uguale in tutti i sensi (colore, tempo richiesto per "finirlo", proprietà nutritive e non) a quello del biberon. Si trovano a pesare e misurare il figlio per collocarlo su tabelle e curve di crescita che sono state tarate in base alla crescita di bambini allattati artificialmente.

Vedono fotografie di bambini con i biberon e quando attaccano il figlio al seno lo tengono nella medesima posizione, scomoda per tenere il neonato al seno. Si aspettano che il figlio abbia l'aspetto fisico dei bambini allattati artificialmente che vedono intorno a sé e nelle immagini pubblicitarie. Presumono che il bambino non solo si attenga a un orario ma che diminuisca il numero delle poppate col passare delle settimane; perciò, quando avviene uno scatto di crescita e il bambino chiede più spesso di poppare, pensano di aver perso il latte.

Il latte materno e la formula artificiale non sono comparabili sotto nessun aspetto.

Il latte materno si assimila molto più in fretta, e quindi è normale che gli intervalli fra le poppate siano molto più brevi; inoltre la formula artificiale ha più scarto, il che significa che è necessaria una quantità maggiore per ottenere un apporto nutritivo simile a quello materno. Quest’ultimo, infine, cambia la sua composizione anche nel corso della poppata, permettendo il bambino di esercitare una selezione a seconda se ha più "sete" o più "fame".

Il bambino allattato col biberon aumenta sempre la quantità di latte via via che cresce; invece quello allattato al seno tende a mantenere quantità praticamente costanti nel tempo e a volte anche a diminiurle perchè la qualità del latte si adegua alla crescita del bambino.

Il bambino allattato artificialmente ha delle feci diverse dal bambino che prende il latte materno e questo può essere fonte di preoccupazione per una madre non informata, che pensa che il piccolo abbia la diarrea; inoltre, poiché il latte materno viene quasi totalmente assimilato, il bambino allattato al seno dopo le prime settimane potrebbe andare di corpo molto meno spesso di uno allattato artificialmente.

La cultura della separazione scoraggia l'attaccamento che l'allattamento al seno invece richiede e facilita. Perciò la mamma si trova in difficoltà quando vede che il bambino non può essere facilmente lasciato ad altri, anzi, spesso non desidera lasciarlo grazie all’intenso coinvolgimento che l'allattamento materno favorisce. Così si trova in contrasto con le persone che ritengono che debba "trovarsi uno spazio", "avere una vita propria" o "non trascurare il marito o il lavoro". La naturale dipendenza e l'ovvio bisogno di un bambino di essere a contatto fisico con la mamma non sono accettati dalla nostra cultura; non si ha fiducia nella spinta autonoma del bambino a crescere, si ritiene che una persona per crescere ed emanciparsi debba esservi costretta, e che i traumi siano necessari alla maturazione dell’individuo. La madre che è disponibile e sensibile alle richieste del bambino viene perciò messa in guardia sulle conseguenze del "dargliele tutte vinte" o "viziarlo".

Così facile, così difficile. L’allattamento materno è in teoria quanto di più semplice e pratico si possa immaginare: il bambino è con la sua mamma, e se piange o ha qualcosa, lo si attacca al seno, e tutto torna a posto. Non servono attrezzature o conoscenze particolari, il latte è gratuito ed a portata di mano nella quantità e qualità necessaria in ogni momento, e il bambino è generalmente sano, tranquillo e soddisfatto. Eppure riuscire a realizzare un allattamento così diviene spesso, nella nostra società, una specie di corsa ad ostacoli, costellata di impedimenti concreti e di boicottaggi occulti.

La cultura della separazione scoraggia negli stessi termini la mamma che tiene molto in braccio il bambino, quella che lo allatta "troppo" e quella che desidera tenere il bambino nel letto con sé; e la sollecita a metterlo a dormire in un'altra stanza. Invece il sonno condiviso, oltre ad essere un modo comodo per non alzarsi ogni volta, è spesso essenziale per la riuscita dell'allattamento al seno.

La cultura del distacco ha anche sviluppato dei modi di "portare" i bambini (carrozzina, passeggino) che potrebbero essere abbastanza compatibili con l'allattamento artificiale ma che non si sposano bene con la pratica dell'allattamento al seno. Il biberon può essere somministrato benissimo a un bambino in carrozzina, ma quest'ultima risulta d'ingombro quando la mamma desidera tirar su il bambino per allattarlo. Quando la mamma esce con il figlio si trova in un mondo dove dare il biberon è facile, ma per chi deve allattare al seno tutto diventa complicato.

L’allattamento al seno diventerà mai la norma culturale? Ci vorranno più che leggi, ricerche e pronunciamenti autorevoli di esperti di puericoltura per cambiare le cose. Le donne che sanno quanta differenza l’allattamento al seno possa fare nella vita propria e dei loro neonati saranno quelle che cambieranno le norme della nostra cultura. Forse chi sta allattando il suo bambino apertamente (ma discretamente) a una festa di famiglia, sulla panchina del parco, o davanti ai compagni del figlio maggiore, non ha mai pensato di star facendo una dichiarazione pubblica, anche se involontaria. Il suo esempio dimostra agli altri che l'allattamento è importante, e che può essere realizzato da donne normali che vivono nel mondo reale. Troppo spesso diventa automatico assicurarsi che "non si veda niente" o che "non lo sappia nessuno" quando si tratta di allattamento prolungato o in pubblico.

Riscoprire l’ovvio

Siamo mammiferi: allattare al seno è il modo semplice e naturale attraverso il quale la natura ha assicurato il conforto, la protezione e la soppravvivenza dei piccoli e quindi dell’intera specie.

Ma il mondo in cui oggi viviamo ci ha talmente allontanato dal nostro continuum biologico ed evolutivo, che risulta necessario riscoprire l’ovvio, e discutere per riaffermare la validità di affermazioni che, fino a poche generazioni fa, erano un semplice dato di fatto:

  • Il posto giusto per una mamma e il suo neonato è l’una accanto all’altro.
  • Le mamme hanno diritto ad essere materne, cioè affettuosamente attente ai bisogni dei loro piccoli.
  • I bambini non hanno bisogno di ricevere regole, ma rispetto per i loro ritmi ed esigenze che cambiano col tempo e sono diversi a seconda delle situazioni.
  • I bambini sanno autoregolarsi, e sono spontaneamente portati verso i comportamenti e le esperienze che li aiutano a crescere e a sviluppare un rapporto positivo con la realtà e con gli altri.
  • Le mamme sanno comprendere bene, e i bambini sanno esprimere chiaramente, quello di cui hanno bisogno per crescere e stare bene: se piangono, c’è una necessità che va soddisfatta, e, se sorridono beati, vuol dire che si sta facendo la cosa giusta.
  • La frustrazione non è l’unico modo, e nemmeno il più efficace, per maturare.
  • La felicità non ha mai fatto male a nessuno.

 

 

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